PIBERNIK, DA OGGI DETTO: DIN-DIN.

Luka Pibernik della Bahrain Merida ieri ha quasi vinto la quarta tappa del 100° Giro d’Italia, da Pedara a Messina, 153 kilometri totali. Più sei.

Emilio Previtali
4 min readMay 11, 2017

La giornata di Luka Pibernik non era cominciata proprio benissimo. Sveglia, occhi aperti e sguardo al soffitto. L’aria della Sicilia era già entrata dalla finestra, le tende dondolavano l’orlo mosse dalla brezza portata dal mare. Luce chiara. Solito check corporeo mentale: gambe, polpacci, piedi, glutei, spalle, tutto bene. Stiracchiarsi. Puntarsi con i talloni sul materasso e muovere le dita dei piedi sotto le lenzuola. Le cosce sembravano un po’ appannate ma ci sta, l’Etna il giorno prima aveva lasciato un po’ di segno.

Appena alzato pipì da seduto e un occhiata a Twitter rimanendo seduto sul water, in bagno il Samsung S8 nuovo era scivolato befferdo dal bordo del bidet a dentro il bidet, con una rincorsa che pareva quella di Roglič sul trampolino di Planica: drop-in, dritto, stacco, aria. L’S8 (versione Plus) si era impennato e aveva volato, backflip e atterraggio di piatto sul vetro. In perfetto stile telemark. Schermo, rotto. Porca di quella porca.

A colazione poco dopo la scatola dei Kelloggs Special K Frutti Rossi colpita con il Pibernik-gomito si era sparpagliata nel piatto di Gasparotto e sul pavimento.

Ops, scusatemi.

I fiocchi avevano roteato per aria sopra i tavoli ed erano caduti a terra come grandine, la cameriera — solerte, una ragazza molto carina, molto mora, con gli occhi molto-molto neri, camicetta bianca molto aperta, due tette grosse così - si era data da fare per raccoglierli immediatamente con scopa ma qualcuno, imprudentemente e impazientemente, ci aveva già camminato sopra.

Crick, crick, crock.

Sotto la suola delle scarpe i Kellogs parevano il brecciolino dell’Eroica.

Pib, cazzo, stai più attento, sei sempre il solito.

Poi fino alla partenza tutto era andato via liscio. Vestizione, riscaldamento pregara, sfilata al foglio firma. Caffè dalla macchinetta sul bus. Nella riunione pre gara Pib si era assentato un attimo per andare al bagno, quanto manca alla partenza? vado ancora una volta che non si a mai, tutti stavano seduti dentro al bus a dondolarsi su quelle grandi poltrone extralusso in pelle, il Garibaldi sul tavolino e il profilo della gara tra le dita dei corridori. Volpi parlava e dava le ultime indicazioni e Pib si era dovuto alzare e andare. Proprio in quel momento.

Scusate, ma devo.

Tutti avevano spostato i talloni all’indietro per farlo passare nel corridoio dell’autobus. Alberto Volpi stava per dire ai suoi di non confondersi: i passaggi sul traguardo di Messina saranno due, cerchiamo di tenere Vincenzo al sicuro e di non fare due volate. Nessuno aveva nemmeno fatto lo sforzo di ridere a quella battuta di Volpi, si erano alzati tutti ed erano andati a pedalare. La tappa era scivolata via regolare, come al solito, veloce ma in controllo, le squadre avevano lavorato bene per tenere i capitani fuori dalla pancia del gruppo e i velocisti dove devono stare, quasi in testa alla gara, meno sette all’arrivo.

Messina, centro città. Ande e ri-ande sui vialoni in mezzo alla gente che — diciamolo — sta un po’ troppo in mezzo. C’è tensione. Pib dopo la rotondona-ona-ona di Piazza Francesco lo Sardo aveva rilanciato e preso qualche metro. Cinque. Dieci. Venti. Trentacinque metri, testa bassa e menare, il Pib quasi quasi non ci credeva, si guardavano tra loro e non lo andavano a prendere. Sul suo profilo nel sito della Bahrain Merida c’è scritto Luka Pibernik, puncheur.

Puncheur is a name given to a road bicycle racer who specialises in rolling terrain with short but steep climbs.

Che poi puncheur certe volte è come finisseur.

finisseur
sostantivo maschile

1.Atleta dotato di un buon finale, spec. nel ciclismo.

Venticinque metri di vantaggio. Venti. Il distacco stava diminuendo ma la riga dell’arrivo si stava avvicinando, duecento metri. Cento. Un altro sguardo di Pib voltandosi indietro verso sinistra, da sotto il braccio, incredulità. Prima partecipazione al Giro, prima vittoria. Sbamm.

Oro.

Oro come il colore del casco della Bahrein Merida.

Menare a tutta, ancora pochi metri ed è fatta,

“mi sembra incredibile.”

Dai Pib, non mollare, all-out. L’arrivo è ormai a venti metri. Dieci. La campana dell’ultimo giro sta suonando din-din-din-din-din-din, la vedono e la sentono tutti gli spettatori del mondo in tv e alla radio la campana, la sentono tutti i corridori. Tutti, tranne Pib.

Din-din-din-din-din-din

Din-din-din-din-din-din

Din-din-din-din-din-din

Volpi si sta sgolando alla radio da due minuti almeno, Pib, dove cazzo vai? C’è un altro giro da fare. Pib ha le batterie scariche, la sua radio non funziona, l’auricolare è alvento. Sulla linea del traguardo Pib si rialza e stacca le mani dal manubrio, solleva le braccia in segno di vittoria ma non al cielo, non in alto ma larghe, all’esterno, tese in abbraccio orizzontale e complessivo, dedicato a tutti quelli che gli vogliono bene e lo hanno aiutato ad arrivare fin lì. Pib sembra il Cristo redentore, avanza senza pedalare a centro strada sull’asfalto liscio. Felicità, finalmente. Pura. Il mondo viaggia al rallentatore, 250 fotogrammi al secondo. La gente sugli spalti rumoreggia ma non è un boato o un esplosione di voci, è piuttosto un brusio e anche lo speaker ha un tono di voce che non è accuminato e definitivo come dovrebbe essere per un epilogo di tappa.

Dietro non si fermano, arrivano come la risacca sulla spiaggia di San Gregorio a Capo D’Orlando continuando a pedalare a tutta.

Ridono.
Urlano.
Vanno, Pib viene inghiottito, sei kilometri all’arrivo.

“C’è un altro giro, Pib.”

E niente, da oggi in gruppo il Pib ha un nuovo nome: Din-din.

©Emilio Previtali 2017 / more on fb

Avvertenza: a Luka Pibernik probabilmente non piacciono i Kelloggs Special K Frutti Rossi e quasi certamente non possiede nemmeno un Samsung S8 Plus. Non so nemmeno se il suo soprannome è Pib, anzi lo ammetto: me lo sono inventato. Potete seguirlo sul suo profilo FB . A me è molto simpatico.

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Written by Emilio Previtali

I’ am a child running in a meadow. A snowflake. A splash of mud. A rolling stone. This is who I am.

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